Le parole sono potenti.

Le parole non sono neutrali.

Le parole contribuiscono a garantire inclusione, equità, pienezza di ruolo per ogni persona, indipendentemente dal suo genere, in un mondo fatto bene.

Con queste “parole”  Gianna Zappi, Vicedirettrice Generale Sostenibilità e Valorizzazione di UNI (UNI Ente Italiano di Normazione), introduce le LINEE GUIDA  PER LA PARITÀ  DI GENERE  NEL LINGUAGGIO, pubblicate a giugno 2024.

Le linee guida vogliono essere un modello da seguire per una comunicazione paritaria, che sia essa stessa una veicolo di inclusività.

Insomma, UNI ci manda un messaggio molto forte: le parole sono uno strumento per contrastare gli stereotipi legati al genere!

La nostra lingia per quanto meravigliosa e armonica non sempre ci viene incontro e ha due limitazioni:

  • non prevede un genere neutrale, che non specifichi il riferimento al genere maschile o femminile, e che differenzia due generi ben distinti.
  • il contesto storico e socioculturale ha individuato il genere maschile come primario sia quando si parla ad una pluralità di persone: pensiamo ad esempio quando si cita un gruppo di amici, dove viene usato il maschile sempre, anche se il gruppo è misto; o ancora si fa fatica a riconoscere le declinazioni di alcuni mestieri al femminile, anche se la lingua italiana le prevede (l’avvocato, il magistrato, il sindaco)

Purtroppo, il genere adottato nel linguaggio, in molto occasioni assume anche un significato denigratorio o sminuente: pensiamo ai papà che si prendono cura di casa o famiglia e che diventano “mammi” o alle professioniste che negli uffici sono chiamate “signorine”

UNI è partita dalle Linee Guida del Parlamento che citano:

“Un linguaggio “neutro sotto il profilo del genere” indica, in termini generali, l’uso di un linguaggio non sessista, inclusivo e rispettoso del genere. La finalità di un linguaggio neutro dal punto di vista del genere è quella di evitare formulazioni che possano essere interpretate come di parte, discriminatorie o degradanti, perché basate sul presupposto implicito che maschi e femmine siano destinati a ruoli sociali diversi. L’uso di un linguaggio equo e inclusivo in termini di genere, inoltre, aiuta a combattere gli stereotipi di genere, promuove il cambiamento sociale e contribuisce al raggiungimento dell’uguaglianza tra donne e uomini”.

L’intento di UNI con questa linea guida è quello di “mettere le basi per un nuovo approccio alla società, che includa ogni persona, e che prima o poi diventi prassi per tutti: un nuovo modo di comunicare che nuovo non è, ma che semplicemente è più consapevole della scelta delle parole usate.”

Il linguaggio, fortunatamente, ha iniziato a cambiare e sempre più spesso si sentono citare entrambi i generi, come per i gruppi misti (figlie e figli), mentre nel linguaggio parlato è stato introdotto l’uso dell’asterisco o della  Schwa (ə). Questo approccio richiede sicuramente uno sforzo, perché è necessario un cambiamento di attitudine che soprattutto per gli adulti sono consolidate, ma è un passo importante verso il riconoscimento e l’affermazione dei generi.

Oggi più che mai il linguaggio è anche fatto di immagini e UNI focalizza l’attenzione anche su questo: se si parla di una persona che si prende cura della casa (ad esempio in una pubblicità) spesso si vede una persona di genere femminile; se di parla di persone che lavorano in un ufficio (manager) spesso si vede una persona di genere maschile. Il linguaggio visivo ha consolidato un linguaggio verbale e scritto, radicando alcuni stereotipi di genere.

Non ultimo UNI focalizza anche il discorso dei colori e sul dualismo rosa / azzurro : perché non usare tutto l’arcobaleno dei colori?

UNI ci fornisce un vademecum per tutte e tutti noi che condividiamo qui per incentivare l’uso collettivo  di un linguaggio inclusivo:

  • inserire prima il riferimento femminile e poi il maschile (le avvocate e gli avvocati, le insegnanti e gli insegnanti…) e usare questo escamotage soprattutto laddove la presenza femminile è minore (“Le operaie e gli operai…”). Lo stesso discorso vale al contrario (“Gli infermieri e le infermiere…”).
  • evitare l’articolo “LA” davanti ai cognomi di donna (“La Meloni”, “La Boldrini”) eventualmente inserendo nome e cognome.
  • utilizzare esempi che non rientrino nei classici stereotipi nei contesti lavorativi come “la maestra Maria Rossi” o “l’ingegnere Mario Rossi”. Usare piuttosto forme “non convenzionali” e variegate, come “il badante Mario Rossi” o “l’architetta Maria Rossi”.